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La Bibbia è un testo molto antico che risale a più di tremila anni fa e quindi considerato uno dei più grandi capolavori della letteratura, conservato nelle migliori biblioteche e forse anche nella nostra. Il termine “Bibbia,” con il quale chiamiamo il libro, non è stato usato sempre. In realtà questo nome è entrato in vigore all’epoca delle conquiste di Alessandro Magno (dal 332 a. C. al 64 a.C.) e dei suoi ufficiali che avevano occupato anche la terra d’ Israele e importato la cultura greca. I libri di fede degli Ebrei, raccolti in vari rotoli, furono chiamati con il nome “biblìa” che significa infatti: “ libri” al plurale. Solo nel Medioevo il termine biblìa venne trasformato al singolare femminile “la Bibbia”, indicando il libro unico così come lo chiamiamo oggi. Ciò che rende questo libro così particolare e diverso da tutti gli altri è che viene chiamato: Parola di Dio. Anticamente veniva chiamato: “Sacra Scrittura”. Molte volte Gesù dirà nel Vangelo: “Tutto questo è accaduto perché si adempissero le Scritture”. (Mt 26,56) Nel 900 la Bibbia è stata chiamata anche: “Storia della salvezza” perché riconosciuta come un insieme di esperienze di vita in cui l’uomo vi ha letto un intervento di Dio, sia nella propria storia personale che collettiva. La Bibbia, inoltre, è stata denominata: “Libro della Rivelazione”, perché Dio si è rivelato, si è fatto conoscere attraverso gli avvenimenti e uomini da Lui scelti fino alla piena rivelazione in Gesù Cristo....

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I primi cinque libri della Bibbia sono chiamati nel loro insieme: “Pentateuco”, un termine che deriva dal greco “penta”= 5 e “teuchos” = “strumento” e poi “rotolo”, quindi cinque rotoli, chiamati in ebraico: “Torah” che significa “legge”, “insegnamento”. Il Pentateuco è formato da cinque libri: GENESI, ESODO, LEVITICO, NUMERI, DEUTERONOMIO. Per gli Ebrei, l’autore di questi libri, cioè “la Torah” è Mosè, considerato il più grande profeta per eccellenza, dato che aveva parlato faccia a faccia con Dio, a differenza degli altri profeti e scrittori biblici. Per questo motivo la Torah è la parte più ispirata e autorevole di tutte le Sacre Scritture ebraiche. Tutti gli altri profeti, dopo Mosè, sono stati soltanto i custodi della fede del popolo ebraico, difensori della fedeltà ai dieci comandamenti, che solo Mosè ha ricevuto da Dio stesso, sul Monte Sinai. Per i primi secoli della Chiesa, tutti erano concordi nell’affermare che il Pentateuco fosse opera di Mosè. Solo verso il 1600, un gruppo di studiosi si accorsero, dai vari stili di narrazione e dai differenti nomi dati a Dio nei racconti, che non poteva essere stato un solo autore a scrivere il Pentateuco, ma diversi autori e in epoche lontane l’una dall’altra. Si arrivò al 1800 prima di poter affermare ufficialmente che l’intero Pentateuco era stato costruito un po’ alla volta, unendo quattro racconti diversi, con uno stile differente, ai quali era stato dato il nome di “tradizioni”. (tradizione = dal latino tradere = trasmettere, tramandare)...

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Dopo il Pentateuco, troviamo nel testo biblico sedici libri chiamati “storici”, perché raccontano delle cronache di guerra, la costituzione della monarchia in Israele con il succedersi delle varie dinastie reali, fino al crollo del regno e alla ricostruzione di Gerusalemme. Questi libri iniziano con il Libro di Giosuè e terminano con i due libri dei Maccabei, abbracciando più di mille anni di storia (dal 1250 a.C. circa al 134 a.C.) Gli autori però non sono degli storici ma uomini ispirati da Dio, perciò i fatti non sono raccontati in modo dettagliato e in ordine cronologico, come in un libro di storia, ma sono messaggi di salvezza con lo scopo, non tanto di informare ma formare alla fede....

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Dopo i due libri delle Cronache che hanno chiuso il primo ciclo della storia d’Israele, con la descrizione del crollo della monarchia e la conseguente deportazione degli Ebrei in Mesopotamia, si trovano gli ultimi sette libri storici: Esdra, Neemia, Tobia. Giuditta, Ester, 1-2 Maccabei, che raccontano il ritorno in patria dall’esilio, la ricostruzione del Tempio e della città di Gerusalemme. Questi fatti avvengono nell’arco di circa quattrocento anni: dal dominio persiano (539 a.C.) fino all’avvento dell’ellenismo con le conquiste di Alessandro Magno (332 a.C.), giungendo alla storia dei Maccabei (134 a.C.)....

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I sedici libri storici della Bibbia hanno chiuso il lungo percorso segnato dagli interventi di Dio nella storia del popolo d’Israele. Dopo il ritorno dall’esilio degli Ebrei in Babilonia, la monarchia non verrà più ricostituita e il potere del re sarà sostituito dal governo della classe sacerdotale e civile. La fede ebraica si reggerà su due fondamenti principali: il culto nel Tempio di Gerusalemme e lo studio delle Sacre Scritture. Dal tempo della monarchia fino all’esilio e al ritorno in patria, le voci dei profeti, come sentinelle, avevano accompagnato e vegliato il popolo ebraico per sostenerlo e incoraggiarlo perché rimanesse fedele a Dio, ma da questo momento anche la voce profetica scompare e la voce di Dio, che risuonava per bocca dei profeti come portavoce dei suoi messaggi, consigli e ammonimenti, tace...

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Nel corso della storia, Dio ha manifestato agli uomini il suo pensiero, la sua volontà, per mezzo di altri uomini chiamati “profeti”. Nella recita del credo noi diciamo: “Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti”. In Israele, i profeti appaiono solo verso il 1100 a.C., all’incirca al tempo dei “giudici”, anche se nel Libro della Genesi, Abramo viene definito “profeta”, in quanto portavoce e interprete della volontà di Dio e così Mosè, considerato il più grande di tutti i profeti perché ha parlato faccia a faccia con Dio, ricevendo dalle sue stesse mani le Tavole della Legge. Si ricorda anche Samuele, ultimo giudice e profeta, cioè portavoce della volontà divina, colui che aveva unto il primo re d’Israele Saul e poi il re Davide, il quale veniva spesso visitato dal profeta Natan...

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4 Vangeli e Atti degli Apostoli
Tutti gli eventi descritti nell’Antico Testamento che si sono susseguiti nel tempo, segnati dagli interventi di Dio, hanno preparato come tanti fari luminosi la strada al Nuovo Testamento, cioè a una “Nuova Alleanza” tra Dio e l’uomo, eterna, immutabile, in Cristo Gesù, Figlio di Dio, nato della Vergine Maria e sancita nella sua ultima cena con i dodici apostoli. “Questo è il mio Corpo offerto per voi, questo è il mio sangue della Nuova Alleanza, versato per voi”. Il documento del Concilio Vaticano II, DEI VERBUM afferma infatti: “La Parola di Dio, che è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, si presenta e manifesta la sua forza in modo eminente negli scritti del Nuovo Testamento”. I Libri del Nuovo Testamento sono ventisette: 4 Vangeli: Matteo, Marco, Luca, Giovanni; Il Libro degli Atti degli Apostoli; 13 Lettere di Paolo; la Lettera agli Ebrei; 7 Lettere Cattoliche; Il Libro dell’Apocalisse...

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Dopo la discesa dello Spirito Santo, gli apostoli e i discepoli, mossi da santo zelo, iniziano a visitare i vari luoghi della Palestina per far conoscere a tutti il lieto annuncio della salvezza. Nel salmo 18, infatti, è scritto: “ Su tutta la terra si diffonde la loro voce e ai confini del mondo la loro parola” (Sal 18,5) Anche San Paolo, dopo la sua conversione, si dichiara apostolo per vocazione e annunciatore del Vangelo. Pur non appartenendo alla cerchia dei Dodici, è testimone della risurrezione di Gesù e, inviato direttamente da Cristo stesso, sarà uno dei più zelanti evangelizzatori. Nel Nuovo Testamento della Bibbia, dopo il Libro degli Atti degli Apostoli, troviamo tredici Lettere di S. Paolo, inserite una di seguito all’altra, inviate da lui stesso o da qualche suo discepolo alle varie comunità cristiane che Paolo ha fondato nei suoi tre grandi viaggi apostolici: il primo in Asia Minore, il secondo e il terzo in Grecia, nelle due regioni della Macedonia e dell’Acaia...

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Nel testo biblico, dopo le lettere di S. Paolo scritte a singole comunità, si trovano altre lettere apostoliche indirizzate a tutti i cristiani presenti nei vari luoghi evangelizzati e per questo chiamate: “cattoliche”, cioè “universali”. Le lettere sono sette e non sono elencate in ordine cronologico ma in ordine della lunghezza dei loro scritti, dalla più lunga alla più breve. Lettera di Giacomo (il Minore, cugino di Gesù, da non confondere con l’altro apostolo Giacomo detto il Maggiore, fratello di Giovanni); Prima e Seconda lettera di Pietro; Prima, Seconda e Terza lettera di Giovanni; Lettera di Giuda. (In ordine di tempo, le lettere seguono questa sequenza: Giacomo- 62 d.C.; Giuda-65/66 d.C.; 1 Pietro-66/67 d.C.; 1-2-3 Giovanni-99/100 d.C.; 2 Pietro- dopo l’anno 100 d.C.) Tra le sette lettere cattoliche, non tutte sono indirizzate a tutti i cristiani in generale; solo la Seconda e Terza lettera di Giovanni, a differenza delle altre, hanno due destinatari diversi: la seconda è indirizzata a una singola comunità, mentre la terza a Gaio, un collaboratore di fiducia dell’apostolo. Le lettere hanno lo scopo di diffondere un insegnamento di fede su vari temi in generale, scritte in forma semplice, popolare, con lo scopo di guidare soprattutto i Giudei convertiti al cristianesimo a vivere la loro quotidianità più conforme all’insegnamento e all’esempio di vita di Gesù....

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Un itinerario di fede verso la conoscenza di Dio e di se stesso
I personaggi biblici, pur essendo figure molto lontane nel tempo e dalla nostra cultura, possono ancora insegnare tanto oggi alla nostra fede con il loro esempio di coraggio, di preghiera e di amore a Dio. Il primo protagonista della storia della salvezza è Abramo, chiamato “l’uomo del cammino”, un uomo che ha percorso un lungo itinerario, non solo geografico ma soprattutto di fede, verso la conoscenza di Dio e di se stesso. Per questo Abramo è divenuto il simbolo di tutti quelli che si mettono in cammino alla ricerca di Dio. La personalità di Abramo, come uomo e credente, è maturata attraverso esperienze forti di Dio, ma anche per mezzo delle proprie fragilità e della fatica del credere nelle varie prove e difficoltà della vita. La storia di Abramo viene raccontata nel primo libro della Bibbia, il Libro della Genesi, nell’arco di quattordici capitoli, ma in altri passi biblici sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento troviamo dei particolari sulla sua persona che ci mostrano già i lineamenti della sua identità....

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Un uomo posto davanti al mistero di Dio
Il racconto della storia di Mosè inizia nel secondo libro della Bibbia, il Libro dell’Esodo e prosegue fino alla sua morte nei libri successivi: il Levitico, il Libro dei Numeri e il Deuteronomio. Anche il primo martire, Santo Stefano, nel Libro degli Atti degli Apostoli, racconta con altri particolari la vita di Mosè. Il Libro del Siracide descrive Mosè come: “Un uomo mite che incontrò il favore di tutti, amato da Dio e dagli uomini […] Dio lo santificò nella fedeltà e nella mitezza, lo scelse tra tutti gli uomini. Gli fece udire la sua voce […] e gli diede faccia a faccia i suoi comandamenti.” (Sir 45,1-4) Nella storia sacra Dio ha scelto uomini che avevano in comune alcune virtù tanto amate da Lui, principalmente la bontà, la fede e la sincerità di cuore. La storia di Mosè è ambientata in Egitto sotto la dominazione del faraone Ramses o Ramesse II (1279-1213), il quale non vede di buon occhio la crescita così numerosa degli Ebrei residenti, tanto da temere per il suo impero. Ci si chiede: “come mai gli Ebrei, discendenti di Abramo, che hanno popolato la terra promessa di Israele, si trovano in Egitto?”...

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Il Libro di Isaia è il più lungo di tutta la Bibbia (66 capitoli) e anche uno dei più importanti, tanto è vero che nel Nuovo Testamento si trovano tantissime citazioni raccolte da questo testo biblico. Isaia è il primo nell’elenco dei libri profetici ed è uno dei quattro profeti cosiddetti “maggiori”, seguito da Geremia, Ezechiele e Daniele. Nasce probabilmente a Gerusalemme, nel regno meridionale di Giuda, verso il 770 a.C., dove svolge la sua missione alla corte del re Ozìa. Egli è un aristocratico, appartenente a una nobile famiglia, è sposato con una profetessa e ha due figli. Il nome Isaia significa: “Dio salva”, infatti dovrà presentare un messaggio di salvezza, dopo aver profetizzato però la rovina del regno di Giuda ad opera degli Assiri, feroci conquistatori provenienti dalla Mesopotamia...

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Luci e tenebre del nostro “credere” attraverso l’itinerario del Vangelo di Matteo
Attraverso una rilettura del Vangelo di Matteo si può cogliere un’occasione per riflettere sul cammino della nostra fede, segnata spesso da luci e da oscurità, chiedendoci: “Com’è il mio credere? Come vivo le fatiche della mia fede cristiana nell’oggi così caotico, materialista e che in molti modi tenta di demotivarla?” Quali sono le energie che muovono i passi della mia fede, vista come un cammino in continuo divenire, un tesoro da custodire, difendere e alimentare ogni giorno? “La fede è un dono soprannaturale, non cresce con i nostri sforzi di sapere. Si può conoscere molto, avere delle doti di conoscenza, d’insegnamento, di predicazione e non avere la fede. Nemmeno le opere possono dire che ho la fede, perché posso compiere molte opere buone, di apostolato e non avere la fede e la vera carità. Può esserci la fede senza la coerenza di una vita santa o una vita santa senza fede? Se la mia vita non cresce in santità, non ho la fede autentica”. (S.E. Mons. A. Tomasin, Vescovo di Quixadà in Brasile)...

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Dopo aver conosciuto l’oggetto della nostra fede, cioè il Regno di Dio rivelato da Gesù, è necessario professare con la parola ciò a cui abbiamo creduto e accolto nel cuore, secondo le parole di S. Paolo nella Lettera ai Romani: “Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza” (Rm 10,10). La seconda tappa, nel cammino della vita cristiana, segnata nel Vangelo di Matteo, è la “predicazione del Regno” che corrisponde a ciò che la fede professa. La predicazione del Regno di Dio è espressa nel “secondo discorso di Gesù”, chiamato dagli studiosi “il discorso missionario” che Matteo raccoglie nel capitolo 10 del suo Vangelo...

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Il cammino della fede prosegue salendo sul terzo gradino della scala del Regno, secondo lo schema del Vangelo di Matteo, che riguarda il “mistero del Regno di Dio”. Qui la fede sperimenta una dimensione nuova. Non si tratta solo di accogliere un messaggio a cui credere per poi operare, ma di riconoscere che la fede non può reggersi solamente sulla ragione o sull’azione, perché ora è invitata a percepire una realtà che trascende, infinitamente immensa, inesprimibile a parole, davanti alla quale si ferma con stupore e ammirazione, in un silenzioso ascolto interiore. L’uomo, creatura limitata, non può penetrare con il suo sguardo naturale il mistero del Regno di Dio ma solo contemplare in silenziosa adorazione. Il termine “contemplare” deriva dal latino “cum templum” (in mezzo al tempio, in uno spazio sacro) contiene l’invito di sollevare lo sguardo da terra verso il cielo, verso qualcosa che va oltre l’uomo, verso le realtà divine...

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4 Vangeli e Atti degli Apostoli
Il quarto e penultimo gradino della scala del Regno di Dio, nel Vangelo di Matteo, corrisponde alla “realizzazione” del Regno, ciò che la fede è chiamata a compiere con le opere concrete di vita, affinché il Regno di Dio si compia. Il primo passo della fede, infatti, è accogliere l’annuncio della salvezza, poi professare quanto ha accolto e contemplato e, infine, impegnarsi con le opere per mostrare concretamente ciò a cui ha creduto. S. Giacomo, nella sua lettera, scrive che senza le opere la nostra fede è morta, cioè non può vivere, né dare vita: “Tu hai la fede e io le opere. Mostrami la tua fede senza le opere e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede” (Gc 2,18) La testimonianza fatta nelle scelte quotidiane serve a confermare nella verità il credo che si professa con la bocca...

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L’ultimo gradino della scala del Regno di Dio, secondo lo schema del Vangelo di Matteo, riguarda l’avvento finale del Regno, cioè il suo perfetto compimento alla fine dei tempi, nell’eterna dimora di Dio, una realtà a cui la fede conduce. S. Paolo scrive nella Seconda lettera ai Corinzi: “Noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili, eterne” (2Cor 4,18) La via della fede è come un sentiero che sale, non senza fatica, sulla cima di una montagna, la montagna dello Spirito, da dove la fede può contemplare l’infinito orizzonte delle realtà di Dio, un panorama che non si può vedere stando ad un livello più basso, più materiale, meno puro. È scritto, infatti, nell’elenco delle beatitudini: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”. Vedere è una facoltà del cuore puro. Nella purezza del cuore l’occhio della fede può giungere a contemplare le realtà invisibili, divine. Nella visione perfetta, nella dimora eterna, la fede non sarà più necessaria...