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                                 TEMPI DI SEMINA  uVolevo un caneUno qualunque. Néé piccolo néé grande. Nemmeno celebre come Argo,che al rivedere il padrone Ulisse, dopo 20 anni di lontananza, morìì perl’emozione. Néé come quello che accompagnòò Tobia nel lungo viaggio daNinive a Rage e ritorno.Con matematica precisione, avevo organizzato il programma giorna-liero che avrebbe comportato tre uscite: colazione, pranzo e cena. Neigiorni festivi le passeggiate sarebbero state quattro per partecipare allaMessa, essendo giorni del Signore a cui razionalmente, e anche gioiosa-mente, un credente rende adorazione e lodi. Ci saremmo serviti di unachiesa a un chilometro piùù in làà della nostra, perchéé il parroco di lìì, essen-do un focoso animalista, accetta tutto il giardino zoologico. Per questomi impegneròò a istruire il mio futuro amico a quattro zampe a essere,in chiesa, cieco, sordo e muto, soprattutto se a partecipare alla Messaarrivasse anche qualche gatto.Ma una sera, tra l’agitarsi di rami scossi dal vento e sbuffifi di gelo allefifinestre, si udìì uno strano lamento e un raschiare nervoso alla porta. Miamadre, dopo aver aperto, ci comunicòò che c’era una gatta gravida in cercadi alloggio. E si mise subito in azione: pentola d’acqua e pentolino di latte,da scaldare; coperta di lana per fermare il vento sotto la breve gradinatae foglie di pannocchie per preparare l’appartamento all’intrusa.Quella gatta per lei èè di una gratitudine e di una obbedienza inumane.Tanto che mia madre èè riuscita a farne un’artista da circo: la guidòò a sal-tare prima un semplice ostacolo costituito da un bastoncino tenuto ditraverso, poi a schizzare attraverso un cerchio fatto di canne.di PadreEzio Marcelli, cssrL’arte di quella gatta èè continua-ta, e superata, dal gattino piùù genialedella covata. Esso arriva a passareperfifino dentro il cerchio formatodalle braccia di una persona. Unospettacolo eccezionale. In prima fifila,ad assistervi, c’èè sempre la madreche lo segue con la lingua di fuori.Ma io volevo un cane. E lo avròò.E vivranno insieme gatti e cane, di-versamente da quanto si dice, per-chéé gli animali non sono come gliuomini: essi, con l’ammaestramento,imparano a stare, a giocare, perfifinoa mangiare insieme – ognuno al suoposto, si capisce. Ma la realtàà piùùstrabiliante èè questa: oltre ad esseredi compagnia, di guardia o di aiuto,essi sentono forte il senso della ri-conoscenza.Osservandoli e riflflettendo, sen-za parole, ci insegnano quanto digrande e buono va cercando ogniessere vivente: l’AMORE! jIl Soccorso Perpetuodi Maria 17 Foto di P. Ezio Marcelli cssr