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                                TENEREZZA IN FAMIGLIA Tutto questo rendeva impossibile farmi considera-re almeno un po’ “femminuccia” nella versione uffificia-le di me ed ero cosìì abituata a farmi considerare unmaschiaccio, che facevo di tutto per non smentire chimi aveva attribuito tale etichetta.In effetti era il mio modo di attirare l’attenzioneche molti avevano diffificoltàà a prestarmi, anche perchééera diffificile starmi dietro, sopratutto per la velocitàà.......... con cui scappavo dai ceffoni che meritavo!Certo se mi avessero “guardato” con gli occhi delcuore, oltre a risparmiare tante energie, avrebbero vi-sto solo una simpatica monella (come mi defifinivano lemie zie piùù simpatiche) che amava sperimentarsi nellepiccole imprese di vita e che si arrendeva facilmentealle coccole di un abbraccio o ad un tono di vocecarezzevole.Si sarebbero anche accorti che, dietro l’apparenzadi un maschiaccio impunito, viveva la leggerezza dellaballerina di danza classica o della pianista che deside-ravo e immaginavo di essere nei miei giochi solitari.Ed èè forse per questo che ho sempre amato ibambini un po’ “monelli”, compresi i miei fifigli quando,nel regime di “libertàà vigilata” (liberi ma sorvegliati adistanza) che avevo adottato, si concedevano alcunestravaganze segretamente autorizzate dal mio deside-rio di accogliere la loro freschezza, spontaneitàà e vita-litàà, anche e sopratutto nei momenti chiave della vitaquotidiana come alzarsi, vestirsi, riordinare, mangiare,giocare.In quei gesti, ripetuti centinaia di volte, era diver-tente inserirvi qualcosa di nuovo e di imprevedibile,accettando la sfifida del loro desiderio di attenzione,di essere guardati nelle loro prodezze, per accoglierecon tenerezza il loro abbandonarsi di fronte ad unbacio improvvisato o ad una carezza morbida, dovesembrava che la loro pelle mi accarezzasse la mano!Come tutti i bambini, le antenne del loro cuoreerano sempre aperte e, a volte, bastava anche solodire “mi scappa un bacio, chi vuole prenderlo?” pervederli correre verso le mie braccia aperte e strin-gerci in un abbraccio, con un abbandono reciprococapace di trasformare ogni occasione, ogni eventonormale in un “momento”, in un “incontro” di tene-rezza, che tuttora si prolunga in un ricordo resistenteal logorio del tempo.to di non essere sempre capace di rallentare le corsecontro il tempo imposte dalle mille incombenze quo-tidiane, per perdermi “nel tempo” da vivere consape-volmente con i miei bambini.Ma anche quando il tempo mi sfuggiva, conservavo(e conservo tuttora) la convinzione che ogni incon-tro con i bambini diventa un luogo privilegiato dellatenerezza, quando l’attenzione e la presenza effettivae affettiva dei genitori, oltre a dare compimento aduna autentica feconditàà genitoriale vissuta al serviziodell’amore e della vita, riesce a trasformare tutta lacasa in una “casa della tenerezza” come segno visibiledella tenerezza di Dio.E se èè vero, com’èè vero, che la famiglia èè la palestradi allenamento dell’amore in tutte le sue declinazioniper la piena realizzazione dell’umanitàà della persona,la tenerezza vissuta e condivisa all’interno della fami-glia ne diventa la forza vitale e umanizzante, una sceltae uno stile di vita.Coinvolgere i bambini in questa “scuola di tenerez-za” ci educa reciprocamente ad amare teneramente lavita in tutti i suoi aspetti, a viverla con gioia, spontanei-tàà e passione, sentendoci costantemente avvolti dallatenerezza di Dio come in un caldo grembo materno.E ancora oggi, quando guardo i miei fifigli ormaiadulti, accolgo la loro amorevolezza e umanitàà conemozione, ma anche con la soddisfazione del mioamore compiuto. j Come tutti i genitori, tuttavia, anche a me èè capita-Il Soccorso Perpetuodi Maria 11